Puntata 1 - Puntata 2 - Puntata 3
III. Il luogo come essere-nel-mondo
Cosa intende Aristotele quando parla della "cecità" riguardo alla natura, alla physis?
Martin Heidegger ci dà qualche preziosa indicazione a riguardo, dicendo che noi moderni nel voler definire il mondo, siamo in qualche modo ciechi nei confronti del modo in cui gli antichi Greci intendevano la questione. Il Greco[1], secondo Heidegger, non parte da una visione che separa soggetto ed oggetto[2], per cui il mondo diventa immagine, ma vede invece il tutto, l'ente nella sua interezza.
Non vede se stesso da una parte e il mondo dall'altra, ma tutto è visto come un'unica cosa essente. Questo significa che nel voler definire la physis anche il nostro "definire" stesso va visto essente:
"(...) il fatto che il mondo ci incontra solo in un aspetto soggettivo e non propriamente in sé, come se si trattasse di un determinato modo di intendere il mondo. Questo orientamento a partire dal soggetto e oggetto deve essere eliminato totalmente, non solo i concetti fondamentali soggetto/oggetto e ciò che intendono non compaiono nella filosofia greca, ma in essa l'orientamento soggetto/oggetto è insensato in quanto non si tratta di caratterizzare un modo di essere del mondo ma l'essere in esso."[3]
In questa prospettiva potremmo riprendere la domanda posta inizialmente da Aristotele e rivederla sotto l'approfondimento heideggeriano: cosa significa luogo/spazio?[4]
In "Corpo e spazio, osservazioni su arte-scultura-spazio" Heidegger si chiede:
"Cos'è, dunque, lo spazio - in ciò-che-gli-è-proprio?" [5] Ci spiega che lo spazio "fa spazio". Continua dicendo che "se facciamo attenzione a ciò-che-è-più-proprio dello spazio, ossia al fatto che fa-spazio, siamo finalmente in condizione di scorgere uno stato di cose rimasto fino ad oggi precluso al pensiero. Si tratta di vedere in che modo l'uomo è nello spazio. L'uomo non è nello spazio come un corpo."[6]
Heidegger ci sta dicendo che l'uomo e lo spazio sono intimamente connessi, ma che il pensiero fino ad oggi non è andato oltre l'idea che l'uomo sia nello spazio come un corpo (riproponendo così "l'orientamento soggetto-oggetto"). L'uomo invece non va visto come un ente, ma come essere-nel-mondo:
"Il disporre dello spazio che caratterizza l'uomo, l'essere affidato allo spazio, l'essere-nel-mondo, anche oggi non viene colto quasi per nulla. Così accade per l'esistenzialismo, quello ateo di Sartre come quello cristiano, che fraintende totalmente il fenomeno dell'essere-nel-mondo, nel loro modo di pensare questa espressione significa: l'uomo è nel mondo come la sedia è nella stanza e l'acqua è nel bicchiere."[7]
Questa prospettiva ribalta completamente il nostro intendimento dell'uomo (e di noi stessi) basato sulla divisione soggetto/oggetto: l'uomo è il luogo in cui il luogo stesso si accorge della propria ingiustificata esistenza[8].
"L'uomo non fa lo spazio, lo spazio non è neanche un modo soggettivo dell'intuire; non è però neanche alcunché di oggettivo come un oggetto. Piuttosto, lo spazio, per fare spazio come spazio, necessita dell'uomo. Questo misterioso rapporto, che non concerne solo il riferimento dell'uomo allo spazio e al tempo bensì il riferimento dell'essere all'uomo (evento)." [9]
Se però non accade questa conversione dell'uomo nell'esser-ci (Da-sein), l'uomo non saprà mai della verità dell'essere e resta, per dirlo con le parole di Aristotele e Heidegger, cieco dell'essere.
Vogliamo, nel nostro intimo, restare ciechi?
Cosa il luogo (lo svelamento) sta davvero svelando/mostrando?
di Manuela Ritte
Redazione asia.it
Puntata 1 - Puntata 2 - Puntata 3
Per essere sempre aggiornato sui nuovi articoli e le nostre iniziative iscriviti alla newsletter
Sullo stesso argomento:
Asia shop consiglia:
Note:
[1]Non è del tutto chiaro in Heidegger quali filosofi abbiano sondato davvero la questione della Φýσις in modo radicale. Anche se dalla bibliografia (vedi: Sull'essenza e sul concetto della Φýσις, p. 242 ed. tedesca) possiamo dedurre che Anassimandro, Eraclito e Parmenide si sono avvicinati e hanno toccato l'essenza del discorso sulla Φýσις; mentre di Aristotele Heidegger afferma che "la comprensione (da parte di Aristotele; n.d.t.) della Φýσις è già l'ultima risonanza dell'iniziale e perciò più alto progetto (Entwurf) del pensiero dell'essenza della Φýσις".
[2] Questa visione che separa il soggetto (e lo presuppone) dall'oggetto la chiameremo in questa sede ‘conoscere transitivo-oggettivo'. (cfr. F. Bertossa, R. Ferrari, Lo sguardo senza occhio, AlboVersorio, 2005, p.168 )
[3] M. Heidegger, Grundbegriffe der aristotelischen Philosophie, Ga 18, Frankfurt am Main: Vittorio Klostermann, p.56
[4] Ci limitiamo qui a approfondire il concetto di luogo in Heidegger stesso. Per quanto riguarda invece l'interpretazione dello spazio in Aristotele e nei Greci da parte di Heidegger veda: M. Heidegger, "Corpo e spazio, osservazioni su arte-scultura-spazio". Secondo Heidegger in Aristotele (che è per lui l'autore della prima trattazione tematica in assoluto della questione dello spazio) "malgrado tutte le differenze di pensare tra il pensiero greco e quello moderno, lo spazio viene rappresentato (...) a partire dal corpo (diventando così qualcosa di calcolabile e misurabile - n.d.t.)."
[5] M. Heidegger, Corpo e spazio, osservazioni su arte-scultura-spazio, Recco: il Melangolo, 2000, p. 31.
[6] Ivi, p.33
[7] Ibidem
[8] Per approfondimenti vedi anche: M. Heidegger, Che cos'è metafisica?, Milano, Adelphi, 2001, p.54;
P. Basile, "Figli del nulla. I giovani e il male di vivere tra nichilismo e buddhismo" AlboVersorio, 2006, p.62
[9] M. Heidegger, Corpo e spazio, osservazioni su arte-scultura-spazio, p. 37.