In Italia il parto cesareo è passato dall’11% delle nascite totali negli anni ’80, al 38% del 2005, mentre la soglia stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è del 10-15%. Nel contempo non si riscontrano evidenze sul fatto che il maggiore ricorso ai cesarei sia associato a fattori di rischio di mamma e bambino. Alla base di un tale fenomeno sembra esserci in primo luogo un comportamento non appropriato degli operatori dei centri maternità generato sia da carenze strutturali e organizzative, sia da aspetti culturali. In secondo luogo, sembra sempre più plausibile l’ipotesi che oggi nessuna donna voglia affrontare l’idea che un travaglio duri oltre le otto ore (quando invece può essere molto più lungo).
Secondo il ginecologo Arduini per restituire al momento del parto la sua naturalezza, sottraendolo alla medicalizzazione, occorrerebbe cambiare la cultura di operatori e mamme.
Un buon punto di partenza non potrebbe essere quello di cambiare il rapporto con la sofferenza?