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12 Aprile 2008

Neuromarketing. Le nuove frontiere del controllo e del condizionamento

Come da più parti preconizzato, le nuove frontiere della tecnologia legate allo studio del nostro cervello si estendono verso il controllo delle scelte, del comportamento e delle emozioni degli individui/consumatori.
Il fine dichiarato delle ricerche di marketing legate allo studio delle reazioni del sistema nervoso centrale (il neuromarketing) "è di rendere sempre più efficace l'adozione di certi stimoli, così da ridurre il tasso di insuccesso di uno spot, di un prodotto o di un certo tipo di esposizione della merce". Ovvero, l'industria deve stimolare i consumi e per farlo non esita a manipolare i nostri meccanismi cerebrali (quasi sempre inconsci) per pilotare le nostre azioni e i nostri sentimenti verso il prodotto o il servizio da promuovere. Ovviamente, tutto a prescindere da qualsiasi utilità, bisogno, priorità o valore che non rientri negli obiettivi aziendali di penetrazione del mercato.

Il neuromarketing è una disciplina relativamente nuova. Il termine nasce, infatti, nel 2002 da Ale Smidts, professore di Marketing Research alla Rotterdam School of Management. A dispetto della sua giovane età, tuttavia, questa nuova scienza, che fa uso degli enormi sviluppi nelle tecniche di scansione cerebrale da parte delle Neuroscienze, fa molto parlare di sé. Del 2005 è la ricerca su due famose bevande americane, Pepsi e Coca Cola. L'ultima, indiscutibilmente più famosa, riscuote più successo non per un miglior gusto, una più alta qualità, ma per ciò che i consumatori associano al Brand. Questa scoperta dimostra come siamo sensibili ai marchi e alle pubblicità. Il neuromarketing utilizza gli strumenti delle Neuroscienze per capire come massimizzare la risposta allo stimolo.

A questo punto viene da chiedersi: sapremo difenderci da queste nuove "stimolazioni al consumo" o soccomberemo alla "volontà eterodiretta" del nostro cervello?
Ci sarebbe forse bisogno di una ricerca (neuro)etica per porre dei limiti alle azioni di (neuro)marketing. Ma se i suoi principali promotori - come ad esempio il prof. Gazzaniga del Centre for Cognitve Studies del Dartmouth College - intendono la neuroetica come "lo sforzo di fondare una filosofia di vita a partire dai meccanismi cerebrali", non sembra questa la via per uscire dal dominio incombente della nostra materia grigia e dei suoi profondi conoscitori. Ne abbiamo delle altre oppure sarà davvero il nostro cervello a dirci chi siamo, cosa vogliamo e... cosa comprare?

di Paolo Ferrante
Redazione Asia.it

Per approfondire: http://www.helpconsumatori.it/news.php?id=17982


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