Pensate di voler compiere una qualunque azione, come stringere le dita attorno ad una tazzina di caffè. Decidetelo, poi fatelo; ed ecco compiersi uno degli atti più comuni della nostra vita. Tuttavia, c’è un piccolo errore in ciò che avete appena letto: i due termini, decisione e atto, vanno invertiti. Ciò che accade nel nostro cervello è che l’attivazione del movimento delle dita attorno alla tazzina avviene prima della presa di coscienza di voler compiere l’azione. Fatelo, poi (dopo qualche centinaio di millisecondi) lo decidete.
Detto ciò, è ancora lecito parlare di libero arbitrio, atti volontari e responsabilità morale? Libet giurerebbe di sì ( leggi ), con le dovute limature dovute alla sua scoperta.
E non è il solo. Laura Boella, nel suo libro “Neuroetica. La morale prima della morale” dice:
“Quando conosciamo meglio come siamo fatti, quando scopriamo come il cervello reagisce senza che ne siamo consapevoli, non diventiamo per questo irresponsabili. Anzi, abbiamo un elemento in più per rilanciare la nostra responsabilità morale”
In questa frase sembra esserci la possibilità di una riflessione profonda sul significato della responsabilità, ad esempio. Sembra esserci uno scarto tra descrizione in terza persona e vissuto in prima persona. A questo proposito, segnaliamo anche un’intervista alla Boella sulla neuroetica, che tenta di aprire una riflessione su temi etici a partire dalle conoscenze delle neuroscienze: